Come si fa testamento: guida pratica

fare testamento

Il testamento è uno degli istituti del nostro diritto. Ma come si fa testamento? Quanto costa e serve per forza un notaio? Qui vi spiegheremo tutto quello che c’è da sapere su come e cosa si deve fare per redigere il testo sulla successione.

Fare testamento: con o senza notaio?

Bisogna cominciare con il dire che andare dal notaio non è assolutamente un obbligo, perché il nostro ordinamento prevede la possibilità di redigere il testamento anche in forma privata, per cui in casa si può tranquillamente scrivere quelle che sono le ultime volontà.

L’importante, però, affinché un testamento sia valido è che il testo contenga tre requisiti, pena la nullità o l’annullabilità, sono: 

  • che la scrittura sia di tutto pugno del testatore (quindi niente computer o macchine da scrivere)
  • che sia datato
  • che sia presente la sottoscrizione

L’importante è che non si facciano errori nel senso che si avvalori l’efficacia del testamento anche con l’apposizione di firme anche da parte di terzi come ad esempio dello stesso erede che sia nominato nel testamento o di testimoni presenti al momento della scrittura del testamento, questo perché il nostro ordinamento giuridico vieta ogni interferenza anche nella volontà del testatore (ovvero chi esprime la volontà nel testamento).

Il testatore – ovvero colui o colei che fa testamento – deve essere quindi assolutamente libero nel momento in cui redige la sua scheda testamentaria nell’esprimere le sue volontà.

A volte capita soprattutto tra coniugi, soprattutto quando non hanno figli, di redigere il testamento uno a favore dall’altro. Qui capita spesso che il testamento viene redatto sullo stesso pezzo di carta o scheda testamentaria firmandolo congiuntamente. Questo è uno degli errori più comuni che fa decadere l’efficacia dell’atto. L’ordinamento prevede che il testamento vada redatto su due fogli separati altrimenti il testamento non ha valore.

Testamento dal notaio: vantaggi

Il vantaggio invece di avvalersi di un notaio è che si è in presenza della cosiddetta “Pubblica Fede”. Il notaio è infatti a tutti gli effetti un pubblico ufficiale, per cui le volontà che sono tradotte dal notaio nel testamento pubblico fanno fede fino a “querela di falso, quindi è assolutamente improbabile, salvo che non si agisca contro il notaio con un’azione penale che si chiama appunto “querela di falso”, è improbabile dimostrare che le volontà scritte nel testamento non siano riconducibili di fatto alla persona che le ha espresse.

In più il testamento viene conservato sotto la responsabilità del notaio e quindi nello studio del notaio per cui non può essere da nessuno strappato, occultato. Anche nel caso in cui il notaio si trasferisce altrove o anche muoia prima del testatore cosa che è assolutamente ipotizzabile, l’ordinamento prevede che il testamento sia comunque sempre depositato dentro l’archivio notarile, quindi con il nome del testatore si potrà sempre in archivio notarile rintracciare quel testamento.

Infine il notaio ha sicuramente una preparazione giuridica migliore di un comune cittadino. Questo permette di redigere il testamento in maniera impeccabile senza rischiare di essere colpito da nullità o annullabilità, senza per cui avere la possibilità di renderlo impugnabile.

Cosa succede nel caso in cui i coniugi siano divorziati e con figli. In questo caso i beni elencati nel testamento vanno a finire direttamente ai figli. Il coniuge divorziato, a differenza del coniuge separato, perde completamente i diritti successori.

L’unica eccezione si presenta nell’ipotesi in cui il coniuge divorziato vanta un assegno di mantenimento nei confronti dell’altro, in questo conserva anche dopo la morte del coniuge quel diritto di credito che a quel punto non sarà più il coniuge defunto a dover assolvere ma saranno i suoi eredi che in quanto tali subentrano, sia nel bene sia nel male. Quindi sia nell’attivo che nel passivo del defunto.

Come si rende efficace un testamento?

Molto si spesso si cade nel disagio dettato soprattutto dal momento emotivo che si vive alla perdita di una persona. Se il testatore ha fatto testamento e lo ha lasciato presso un notaio gli eredi ne sono a conoscenza, nulla quaestio, si va presso lo studio del notaio. Se invece, non si è a conoscenza se il testatore abbia fatto o meno testamento bisogna rivolgersi al consiglio notarile della zona il quale invia una circolare a tutti i notai per accertare se la persona defunta abbia depositato presso lo studio di un notaio della zona un testamento.

Per rendere efficace un testamento c’è bisogno a questo punto di un verbale di pubblicazione. Quindi sarà il notaio indicato che farà tale verbale di pubblicazione alla presenza degli eredi che ne sono interessati. Solo da questo momento in poi sarà efficace la volontà del testatore. I convocati interessati dalla volontà del testare saranno perciò chiamati a decidere se accettare o meno quel testamento.

Quanto tempo si ha a disposizione per accettare un testamento? Il termine prescrizionale per accettare o rinunciare è di dieci anni dalla apertura della successione cioè dalla morte del testatore. Ci sono però alcune clausole. Se infatti i chiamati all’eredità si trovano nel possesso materiali dei beni ereditari (cioè averne la materiale disponibilità) ad esempio abitando la casa del defunto, in questo caso il termine prescrizionale si riduce notevolmente e si hanno solamente tre mesi di tempo durante questo periodo si può rinunciare all’eredità. Se invece non si compie nessuna azione per rinunciare all’eredità in modo espresso allora si considera accettanti e quindi eredi a tutti gli effetti.

Eredità ‘dannosa’: cosa conviene fare?

Se l’eredità che viene lasciata dal defunto è un’eredità, come dicevano i latini, dannosa, conviene sicuramente rinunciare all’eredità.

La rinuncia all’eredità però non risolve tutti i problemi, soprattutto quando si hanno discendenti. Il chiamato a raccogliere all’eredità che rinuncia che però a sua volta dei figli deve fare attenzione perché la “patata bollente” si trasmette conseguentemente da lui ai figli.

I figli maggiorenni dovranno rinunciare a loro volta così come i figli minorenni (previa autorizzazione del giudice titolare al quale bisognerà ovviamente motivare in maniera idonea la volontà di rinunciare).

Se invece non si hanno le idee chiare se accettare o meno un’eredità si può decidere di accettare con il cosiddetto “beneficio di inventario”, cioè un beneficio che il legislatore prevede e con il quale si diventa eredi ma si garantisce che rimanga nettamente separato il patrimonio attivo dell’erede da quello che eredita in virtù della successione.

Per cui una separazione totale per cui dei debiti riconducibili al defunto risponderà l’erede ma non con i suoi beni ma solamente con i beni attivi che eredita dal defunto