Fake news: come riconoscerle

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Per fake news si intende quel tipo di notizia falsa, nata per essere condivisa e diffusa in rete a scopo goliardico oppure per danneggiare un competitor o di manipolare una conversazione sui social network.

Ho avuto di parlare a lungo con Ermes Maiolica – considerato il guru delle fake news – oggi redento e convertito alle notizie verità: n passato Ermes ha pubblicato per anni fake news, semplicemente costruendo falsi profili di facebook o falsi siti web di notizie tramite i quali veicolava fake news.

Lo faceva a scopo artistico goliardico, a differenza di molti altri che invece hanno usato e usano questo mezzo con scopi distruttivi. Oggi le fake news sono un argomento di grande attualità, cerchiamo di scoprire la loro nascita e chi oggi le contrasta per permettere che ci sia sempre un’informazione libera e soprattutto vera.

Fake News: da dove nascono?

Le fake news sono un prodotto che nasce dalla “post-verità”, il momento storico in cui è piombato il mondo dell’informazione da qualche anno. Il termine è nato nel 2016 quando l’Oxford English Dictionary ha definito “post-truth” parola dell’anno.

Il significato è il seguente: i fatti oggettivi sono molto meno influenti degli appelli alle paure e alle emozioni della gente. L’opinione pubblica è intrappolata in un eterno presente dove la verità “più forte” è caratterizzata dai titoli sensazionalistici e che fanno breccia nelle inquietudini altrui, la cosiddetta “pancia” delle persone. Un racconto dettagliato di un fatto è post-vero nel senso che è solo verosimile.

A nessuno importa controllare le fonti per verificare se è falso. Alcune fake news diventate ormai storia sono le armi di distruzione di massa possedute da Saddam Hussein, il processo mediatico contro Gheddafi e ne è un risultato i premi Nobel per la Pace ad Al Gore, nel 2007, e a Barack Obama nel 2009.

La notizia ha perso il suo carattere intrinseco di verità e può essere oggi falsa o comunque alternativa.

Gli effetti delle fake news nella vita reale

Il 17 febbraio 2017 il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, in un post pubblicato sul suo profilo Twitter, ha scritto: “The fake news media is the enemy of the American People”.

Eppure le elezioni di Trump erano state condizionate dalle fake news, un ciclone che ha influenzato anche la politica italiana. Qualche mese fa, alcuni politici, tra cui Maria Elena Boschi e l’ex Presidente della Camera Laura Boldrini, comparivano in una foto dove partecipavano al funerale del boss siciliano Totò Riina. Cerimonia che non c’è mai stata, dunque era impossibile la loro presenza.

L’obiettivo del governo dimissionario, negli ultimi tempi, è stato quello di responsabilizzare i grandi social network (Facebook, Instagram, Twitter) a raccogliere i reclami su bufale e contenuti illegali e decidere se rimuoverli e se bloccare l’autore. In Germania sono previste sanzioni per le aziende che falliscono in questo compito.

Arginare le fake news con il fact checking

Per evitare di incappare in una fake news, esiste il cosiddetto fact checking, letteralmente il “controllo dei fatti” ovvero l’analisi della notizia e la verifica delle fonti dalle quali proviene.

Elemento caratterizzante è il “crowd sourcing”, da “crowd” (folla) e “out sourcing” (esternalizzazione aziendale), ossia lo sviluppo il sostegno a un progetto da parte di più persone esterne.

Nel caso dei media, queste persone sono soprattutto i lettori. Nel 2009 PolitiFact.com ha vinto il Premio Pulitzer, ambito riconoscimento giornalistico e letterario, per il factchecking della copertura mediatica in occasione delle elezioni americane 2008.

L’equipe del sito ha inventato il Veritometro (Truth-o-Meter) che misura le percentuali di verità nelle affermazioni dei politici e che è diventato subito un modello in tutto il mondo per sistemi analoghi e algoritmi ingegnosi. Negli Stati Uniti sono famosi anche FactCheck.org, nato all’interno dell’Università della Pennsylvania e il Claim Buster dell’Università del Texas.

In Europa in prima linea ci sono la Francia con il progetto  Véritomètre, nato dalla sinergia tra il canale Telé e il sito Owni.fr, e il Regno Unito con la piattaforma Fullfact.org. In Olanda c’è addirittura un’istituzionalizzazione del fenomeno: a svolgere funzioni di fact checking è l’ufficio Centrale del Ministero dell’Economia.

In Italia dominano la scena la voce.info e Pagella Politica, una start-up molto attiva su Twitter. Alcuni esperti di cybersicurezza del nostro Paese stanno cercando di riprodurre l’algoritmo verità, pensando però anche a una piattaforma di natural language processing per un’analisi delle le fonti degli articoli di giornali che porti a correlarle tra loro al fine di segnalare le anomalie.

Il fact checker per definizione, e per etica professionale, rimane comunque il giornalista. Le notizie false possono essere arginate solo attraverso la memoria dei fatti e la preparazione attenta degli articoli, utilizzando dati, aneddoti, ricordando precedenti e rimanendo sempre coerenti con ciò che si afferma.

D’altronde uno dei capisaldi dell’informazione giornalistica è la verità che può essere oggettiva o putativa ossia quella ritenuta tale da chi la scrive, ma in buona fede, in seguito a un lavoro di ricerca che ha portato a determinate conclusioni. Eppure non basta il lavoro dei giornali perché, secondo gli ultimi sondaggi, il 35% della popolazione italiana si informa attraverso Facebook.

Le soluzioni possibili alle fake news

L’Unione Europea ha preso importanti iniziative per combattere il fenomeno delle notizie false. La Commissione europea ha creato un gruppo di esperti di alto livello con questo compito, ma ci si interroga sull’opportunità di riforme più complete sul tema.

Sul tema hanno deciso di interrogarsi, in due tavole rotonde, anche i giovani partecipanti all’European Youth Event a Strasburgo.

Prendono le misure del caso anche i colossi del web. Ad aprile 2017 è stata lanciata la News Integrity Initiative, un progetto della Scuola di giornalismo di New York per sensibilizzare l’opinione sull’argomento.

Un’iniziativa indipendente che ha ricevuto un finanziamento di 14 milioni di dollari da Facebook, Wikipedia, Mozilla oltre che dall’Unesco e da università e scuole di giornalismo europee come quelle francesi, tedesche e danesi.

Il social di Zuckerberg ha inoltre assunto 10mila dipendenti per combattere le fake news ed ha redatto una guida sul tema. Google ha inserito nel motore di ricerca un’etichetta di verifica per fatti e dichiarazioni pubbliche.

Inoltre, tutte le testate online sono tenute a fornire informazioni su tali verifiche rispettando gli standard internazionali: in questo modo gli utenti hanno più elementi per capire se una notizia è vera o meno.