Lavoro, Italia indietro nello smart working

Torino, 12 marzo 2020 – L’emergenza Coronavirus ha costretto molte aziende italiane ad adottare lo smart working, chiedendo ai propri dipendenti di lavorare da casa. La maggioranza delle imprese italiane non è però ancora pronta ad affrontare il “lavoro da remoto” a causa della mancanza di informatizzazione dei propri sistemi. Ma chiedere ad un dipendente di utilizzare il proprio computer è sufficiente per poter affermare che si lavora da remoto? Le aziende cosa dovrebbero fare per adeguare i propri sistemi? Per il CEO di Atlante Informatica, Alessandro Musso prima di tutto è necessario chiarire cosa si intende per smart working o lavoro da remoto. “Questa tipologia di lavoro – spiega – è l’insieme degli strumenti tecnologici che permettono ad un lavoratore di essere produttivo in egual misura, lavorando in luogo geograficamente diverso rispetto a dove lavora di solito. Quindi, con un PC o un tablet e una connessione internet, l’utente deve avere accesso completo al ‘sistema informatico aziendale’ come se fosse esattamente seduto di fronte al suo PC in ufficio”. In sostanza “mi metto al pc di casa mia, eseguo il programma che mi connette al sistema aziendale e inizio a lavorare come se fossi in azienda. Posso lanciare una stampa, rispondere al mio solito interno telefonico e svolgere tutte quelle attività che farei in ufficio, comprese le riunioni con i colleghi”. 

Le imprese italiane sono effettivamente pronte a questa diversa tipologia di occupazione? “Sappiamo da vari dati statistici – sottolinea Musso – che l’Italia è il fanalino di coda riguardo all’innovazione tecnologica nelle aziende, anche se in realtà il dato non è del tutto completo. Abbiamo due tipologie di aziende: quelle super tecnologiche che non hanno avuto nessun problema ad organizzare, da un giorno all’altro, il lavoro da remoto per i loro impiegati e poi ci sono le aziende che sono lontane anni luce dal poterlo fare e che, in questo caso, avranno bisogno di tempi lunghi per affrontare il cambiamento tecnologico”.  Perché esiste questo divario tra le aziende? “Spesso si pensa che la colpa – spiega ancora Musso – sia da imputare alla mancanza di soluzioni tecnologiche, ai costi elevati, oppure alla scarsa copertura di banda internet (copertura di connessione) che le aziende devono avere per mettere in piedi queste soluzioni. Ma la tecnologia c’è, basta organizzarsi, pianificare e installarle. Per le piccole e medie imprese, ovvero il 95% delle aziende italiane, gran parte di questa tecnologia è completamente gratuita e già disponibile online completa di guide e manuali. Esistono soluzioni gratuite che permettono il collegamento sicuro da remoto ai sistemi IT aziendali. Adottando questi sistemi si può, piuttosto semplicemente, espandere virtualmente i confini dell’azienda all’infinito”.

Secondo Musso la maggiore responsabilità per il mancato adeguamento tecnologico da parte delle aziende è spesso in capo al management. “Svolgo l’attività di consulente da 15 anni nelle PMI e mi trovo a spiegare il funzionamento di questi sistemi. Mi accorgo che, la ragione per cui non vengono implementati riguarda la volontà del management. Spesso non viene percepita la sicurezza di questi sistemi, in altri casi il management non percepisce ciò che si può ottenere dallo smart working, in altri si ha paura del cambiamento e dell’innovazione.  Ma questi sistemi sono molto sicuri e una volta installati sono facili da gestire e manutenere”.  Il costo che pagheranno le aziende che non si sono ancora attrezzate rischia di essere molto alto. “Il Coronavirus – avverte Musso – per loro potrebbe essere fatale! Oltre al costo della soluzione tecnica che risulta essere, come detto piuttosto basso, si deve considerare, poi, la formazione dell’utente che dovrà cambiare parzialmente la propria modalità di lavoro, oltre all’adeguamento dei processi lavorativi interni all’azienda. Chi non si è adeguato dovrà farlo ‘correndo’ molto in fretta e non è detto che ci riuscirà. Sarà come tentare di tappare una falla ad una barca che sta affondando: sarebbe stato molto più semplice dotare lo scafo delle dovute precauzioni prima dell’emergenza”. Sicuramente – conclude Musso – “la situazione creata dal Coronavirus aumenterà il divario tra le aziende virtuose e quelle che rischiano la chiusura. Questa emergenza sta infatti mettendo a rischio l’esistenza e l’operatività di moltissime aziende italiane che hanno una sola possibilità:  dotarsi di un sistema informatico adeguato per affrontare l’emergenza con il lavoro da remoto”.

Atlante Informatica Srl è nata nel 2007 con l’aiuto dell’I3P (incubatore del Politecnico di Torino) con l’obiettivo di progettare soluzioni integrate e personalizzate che permettano alle aziende di ottimizzare i loro processi informatici rendendoli automatici ed efficienti. L’azienda è composta da 2 Business Units: Atlante e Miniserver. Atlante fornisce soluzioni e servizi ICT per le PMI Italiane. Miniserver è attiva nella produzione di firewall e router venduti in tutto il mondo e dotati principalmente di sistemi operativi gratuiti.