Obsolescenza programmata

obsolescenza programmata

La tecnologia dà, la tecnologia prende. È quello che è successo quantomeno nell’ultimo secolo, con l’espansione industriale e l’avvento della produzione di massa e del consumismo.

L’aspetto più eclatante di tale meccanismo, diventato ormai pratica diffusa e un vero e proprio must della produzione industriale, è la cosiddetta obsolescenza programmata (o pianificata).

Obsolescenza programmata: cos’è e come funziona

Si sente parlare molto spesso di obsolescenza programmata, soprattutto negli ultimi anni, con l’avvento dei nuovi dispositivi elettronici e la continua innovazione tecnologica, ma non si tratta affatto di un fenomeno recente, anche se il caso di iphone rallentato dopo l’aggiornamento del sistema operativo ha riportato in auge il fenomeno.

Ma che cos’è l’obsolescenza programmata?

Con questa espressione si fa riferimento a una strategia industriale volta a stabilire il ciclo di vita (durata) di un prodotto, progettato e realizzato appositamente per durare solo per un periodo di tempo prestabilito (di solito coincidente, e non è affatto casuale, con quello della sua garanzia).

L’obsolescenza programmata si ottiene solitamente con l’utilizzo di materie prime scadenti ma anche, in particolar modo per quanto riguarda i prodotti elettronici, con appositi software e chip inseriti negli apparecchi con lo scopo di bloccarne il funzionamento dopo un determinato periodo di tempo e un certo numero di utilizzi.

A che scopo le industrie utilizzano l’obsolescenza programmata? Facile intuire il perché di questa pratica, tanto ingiusta quanto, purtroppo, ancora scarsamente considerata da un punto di vista giuridico: spingere il consumatore, volente o nolente, ad acquistare sempre nuovi prodotti, nel giro di pochi anni, aumentando così in maniera pilotata la crescita produttiva e i profitti. Nessun vantaggio per l’utente, anzi il contrario, ma solo una mera e becera strategia economica a esclusivo vantaggio delle imprese che la praticano.

Tipi di Obsolescenza Programmata

Occorre, tuttavia, fare una differenza tra due tipi di obsolescenza programmata:

  • reale
  • percepita (o simbolica)

La prima è quella indotta dagli stessi produttori, che, attraverso l’utilizzo di materiali di bassa qualità e una serie di escamotage, come l’inserimento nel prodotto di elementi “deboli” che tendono a usurarsi velocemente, realizzano un bene che dopo un certo periodo di tempo, da essi calcolato, diventa inservibile e inutilizzabile, per cui va necessariamente sostituito dall’ignaro consumatore.

L’obsolescenza percepita, invece, è quella, solitamente ottenuta con strategie pubblicitarie e di marketing, attraverso cui un prodotto, pur continuando a funzionare, diventa presto percepito dal consumatore come obsoleto, non più appetibile e competitivo, rispetto ai suoi nuovi ritrovati sul mercato, che appaiono, al contrario, molto migliori sul piano di prestazioni, caratteristiche e funzionalità, il che, molto spesso, è solo una mera illusione costruita dalla moda e dalla pubblicità.

Questo avviene particolarmente nel settore dell’elettronica (smartphone, tablet, laptop, ecc.), che è quello principalmente coinvolto nel processo di innovazione tecnologica costante, ma anche in tanti altri settori industriali, come quello tessile e manifatturiero, quello degli elettrodomestici e delle automobili.

Nascita dell’Obsolescenza Programmata

Le radici storiche di questa politica industriale, come detto prima, sono da ritrovarsi addirittura in circa un secolo fa, quando, nel dicembre 1924, i principali produttori mondiali di lampadine stipularono il famoso Cartello Phoebus, attraverso il quale si accordarono per imporre artificialmente una durata standard e limitata alle lampadine prodotte, di 1.000 ore al posto delle 2.500 allora raggiunte grazie al progresso scientifico e tecnologico. Tutto questo perché si accorsero che l’eccessiva durata delle lampadine portava a una scarsa sostituzione del prodotto e, di conseguenza, a esigui profitti per il settore.

Gli ingegneri, che fino ad allora avevano lavorato duramente e efficacemente per favorire il progresso tecnologico e migliorare i prodotti industriali, si trovarono da allora in poi a dover fare esattamente il contrario: usare la tecnologia per realizzare prodotti peggiori sul piano qualitativo e della durata, asservendola quindi alle dure leggi dell’economia.

Lo stesso sistema fu adoperato negli anni Trenta dall’azienda chimica DuPont, che dopo aver inventato il nylon, che aveva reso le calze da donna molto più resistenti e durature, fece un passo indietro, obbligando i suoi tecnici a indebolire nuovamente la fibra del prodotto, in quanto tale resistenza aveva ridotto troppo i consumi e, quindi, i loro profitti.

Marketing e Obsolescenza Programmata

Sempre negli stessi anni, negli Stati Uniti, l’imprenditore immobiliare Bernard London addirittura avanzò la proposta, anche se senza successo, di imporre per legge alle imprese l’obsolescenza programmata, come “ricetta” per combattere la Grande Depressione dovuta al crollo del 1929, aumentare i consumi e uscire così dalla crisi economica.

Un concetto più moderno di obsolescenza programmata, invece, che è anche quello più comune attualmente, è quello teorizzato negli anni Cinquanta dal designer statunitense Clifford Brooks Stevens, il quale la definì come “il desiderio del consumatore di possedere qualcosa un po’ più nuovo, un po’ meglio, un po’ prima del necessario”.

Si tratta, come detto sopra, dell’“obsolescenza percepita”, indotta da apposite strategie di marketing e comunicazione pubblicitaria, che ha reso, da allora fino ai nostri giorni, il consumismo un vero e proprio stile di vita per l’Occidente.

L’obsolescenza pianificata, però, non danneggia solo i consumatori ma anche l’ambiente: essa, infatti, oltre a impoverire le tasche degli individui, produce un’enorme mole di rifiuti, per giunta non riciclabili e difficilmente smaltibili, e induce a consumare ingenti risorse, energetiche, materiali ed economiche, a causa della continua produzione di beni, dovuta all’elevata velocità del loro avvicendamento.

Mozione del Parlamento Europeo

È per tali motivi che questa pratica industriale andrebbe vietata e sanzionata dalla politica. Sul piano giuridico, però, ancora poche sono le azioni intraprese in tal senso. Tra queste, la direttiva della Commissione europea sull’ecodesign, che chiede ai produttori di attuare strategie di eco-produzione, volte ad aumentare la vita media dei prodotti e a facilitarne la riparazione.

Anche il Parlamento europeo ha approvato una mozione contro l’obsolescenza programmata, invitando la Commissione europea ad adottare misure contro quest’ultima, per salvaguardare l’ambiente e tutelare i consumatori.

Ci sono alcuni Paesi, inoltre, come la Francia e il Belgio, dove tale strategia industriale è illegale e costituisce reato, punibile anche penalmente. In Italia, invece, al momento l’obsolescenza programmata non è ancora reato, ma ci sono due proposte di legge che si muovono in tal senso, entrambe ferme alla Camera dei deputati: la prima prevede che i pezzi di ricambio siano disponibili sul mercato fino a cinque anni dopo che i dispositivi non sono più prodotti; la seconda prevede l’estensione del periodo di garanzia a cinque e dieci anni a seconda se l’oggetto sia di grandi o piccole dimensioni.

Difendersi dall’Obsolescenza Programmata

In attesa che la legge si muova concretamente e incisivamente contro l’obsolescenza programmata, possiamo intanto proporre ai consumatori alcuni accorgimenti per difendersi da tale fastidiosa pratica:

  • riparare tutto il riparabile: quando un oggetto si rompe, invece di comprarne subito uno nuovo provate prima ad aggiustarlo, rivolgendovi a tecnici specializzati, più economici rispetto alle case produttrici, o anche con il fai da te, nel qual caso può risultare molto utile il web, dove sono spesso presenti guide e tutorial che possono fare al caso vostro;
  • riciclare e riutilizzare in altre forme: se un prodotto smette di essere utile per il suo scopo originario, potete sempre riadattarlo per altri scopi, invece di buttarlo (ad esempio, il disco rigido di un pc non più funzionante si può estrarre e utilizzare come hard disk esterno per il backup di dati);
  • non cedere alle ultime novità del mercato: evitate di farvi ingannare dagli spot degli ultimi modelli dei dispositivi elettronici, che promettono nuove e magnifiche prestazioni rispetto ai modelli precedenti, ma aspettate qualche mese, o anno, per acquistarli, in modo da risparmiare denaro e comprare prodotti già testati, con un’aspettativa di vita più lunga e comprovata.